domenica 29 aprile 2012

DIAZ: don't clean up this blood


Un film. Una storia. Persone. Realtà.
Diaz racconta di quel Luglio 2001 a Genova, di quella scuola, di quelle vite. Nessuna interpretazione, solo atti.
 Daniele Vicari, il regista, riesce a far vivere la stessa sensazione di rabbia, frustrazione e impotenza delle interviste ai veri ragazzi della scuola Diaz, quelli presi a manganellate. Manifestanti pacifisti, black bloc, giornalisti, viaggiatori, un grande cumulo di carne da macello da picchiare, umiliare, massacrare tanto da indurre Amnesty International a definire il G8 di Genova “la più grande sospensione dei diritti democratici, in un paese occidentale, dalla fine della guerra mondiale”. Dopo questa barbarie ci si aspetta almeno che l’Italia abbia imparato qualcosa. Invece no perché viene definito eroe un poliziotto che fa solo il suo lavoro non reagendo contro un manifestante in Val di Susa, perché le istituzioni non hanno avuto il coraggio di commentare né le violenze del 2001 né questo film, perché c’è chi ha ancora la forza di chiudere gli occhi davanti alla mancanza di civiltà, perché molti cinema non hanno messo in programma la proiezione di questo pezzo di storia. C’è chi giustifica la violenza dell’atto con lo stress eccessivo delle forze dell’ordine, ma come si giustificano le torture dei giorni precedenti al trasferimento in carcere degli arrestati?
Questo film apre un dibattito su diversi aspetti: l’eccessiva violenza, l’omertà nelle istituzioni, le responsabilità dei black bloc e il massacro dei pacifisti, la rottura all’interno delle forze dell’ordine tra chi ha infierito sui manifestanti e chi ha provato a dissociarsi, la mancanza di giustizia, l’idea che tutto questo possa accadere di nuovo.
Non bisogna appartenere a una particolare bandiera per sentire il dovere morale di guardare questo film. Alcuni criticheranno, forse, il modo in cui sono stati raccontati quei giorni, ma chi può negare l’evidenza della violenza? A volte le interviste che girano su internet e i documentari trasmessi a tarda notte in tv non bastano per informare un’intera nazione sul modo in cui si sono svolti i fatti. A volte serve un film, un film come Diaz.
Potete ignorare, dimenticare e anche negare, “ma i colpi di quei manganelli non fanno morire le idee”.

A.B.

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