Shirin Ebadi è una donna di fama internazionale: prima magistrato, poi avvocato in lotta per la difesa dei diritti umani in Iran, femminista convinta e portavoce della protesta silenziosa di migliaia di donne musulmane, Premio Nobel per la Pace 2003, in viaggio trecento giorni l’anno.
Eppure, tra una visita negli Usa e un appuntamento in Sudan, Shirin è riuscita a trovare un buco nell’agenda per volare fino a Como. Giusto il tempo di entrare nel Centro Congressi “Medioevo” di Olgiate, commuovere il pubblico entusiasta con le sue parole di rispetto e giustizia, e poi fuggire, di nuovo, verso altre mete, verso altre conferenze piene di gente, verso altri cuori da coinvolgere nella sua perenne battaglia…
Insomma, Shirin Ebadi è un avvocato di fama internazionale, ma domenica 27 novembre era qui, con noi, nella nostra città. Il Coordinamento Comasco per la Pace e le volontarie dell’associazione femminista Rosa Bianca, per coronare una serie di iniziative organizzate a partire da venerdì 25 (Giornata mondiale contro la violenza sulle donne), avevano riservato proprio a lei, che a tale causa ha dedicato tutta la vita, il compito di chiudere la riflessione sul tema della condizione femminile. Una sfida per i diritti delle donne iraniane e di tutto il mondo: Shirin intitola così il suo intervento, consapevole del fatto che il problema della violenza non tocca solamente le sue connazionali, ma coinvolge donne di qualsiasi età, etnia, nazione e religione. Ciò, però, per lei non significa ridurre il discorso a un semplice elenco di dati, numeri e statistiche. I numeri si dimenticano in fretta, e con essi svaniscono anche i sentimenti di orrore e indignazione che a tali cifre necessariamente si accompagnano. L’avvocato iraniano, quindi, pretende dal suo pubblico qualcosa di più impegnativo che la semplice commozione del momento: vuole che l’emozione si trasformi in convinzione, e che gli ideali si traducano in azioni concrete, desidera che qualcuno segua il suo esempio e che si affianchi a lei in una sfida sempre aperta. Nonostante le conquiste ottenute dal gentil sesso nel corso del tempo, gli ostacoli da abbattere per arrivare alla piena parità sono ancora tanti: la violenza sulle donne è ancora regola, non eccezione! Una violenza che non è solo fisica o sessuale, ma che comprende qualsiasi tipo di discriminazione: dalla discriminazione legale alla disparità sul lavoro e in politica, dall’abuso del corpo femminile (ridotto ormai ad immagine pubblicitaria) al rapporto d’amore sbagliato, in cui ogni maltrattamento trova la sua spiegazione. Shirin Ebadi, nata in un paese dove per legge “la vita di una donna vale la metà di quella di un uomo”, ha rinunciato alla propria famiglia e alla propria libertà pur di denunciare al mondo sia quelle ingiustizie palesi che tutti conoscono, sia le prepotenze più sottili, tanto più difficili, perciò, da eliminare.
Nell’incontro con i comaschi il Premio Nobel non si limita al descrivere con affetto e rimpianto il suo Iran (lo stesso Iran che da una parte, con il suo governo dittatoriale, l’ha esiliata e minacciata in vari modi, e dall’altra, con un desiderio di libertà molto forte, le ha sempre combattuto al fianco nella lotta per la giustizia), ma, al racconto delle proprie esperienze passate, Shirin aggiunge considerazioni su temi più generali: parla infatti di Islam, del suo messaggio originario e di come questo messaggio sia stato forzato ad una interpretazione maschilista; riflette sul concetto di “democrazia”, su quanto essa sia inscindibile dall’idea di libertà e rispetto dei diritti umani. Commenta le rivolte del Nord Africa, i soprusi commessi in Libia e in Egitto nei confronti delle donne manifestanti, sostenendo che “è ancora presto per parlare di primavera araba, perché la primavera arriva con la democrazia”…
Shirin Ebadi, in quest’ultima domenica di novembre, intrattiene il pubblico comasco per quasi due ore! Affascina l’assemblea, la provoca, le insegna a pensare con la propria testa e a guardare il mondo da un punto di vista diverso. Il Premio Nobel per la Pace, infine, confida ai suoi ascoltatori il suo più grande sogno: “assistere alla vittoria delle donne in Iran, vittoria che coinciderà con la nascita della vera democrazia nel mio Paese”. Non è (per così dire) l’ironia della sorte? Shirin, che ha lottato per tutta la vita contro la violenza sulle donne, è ancora costretta a immaginarsi il giorno in cui il suo desiderio si realizzerà, mentre noi, cittadine italiane, nell’illusione che tale desiderio sia diventato realtà ormai da tempo, fingiamo di ignorare quelle stesse discriminazioni e prepotenze che l’iraniana denuncia, pur di non ricominciare a combattere. Ecco l’ultima provocazione di questa grande donna…
G.C.
G.C.
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