domenica 18 marzo 2012

Reportage tra foto di viaggio e foto di matrimonio

“ La fotografia è una passione più che un lavoro”. Cosi esordisce nell’intervista Cristiano Ostinelli, fotografo di origini comasche che lavora da quindici anni nel settore della fotografia. Il suo lavoro si attesta su due versanti: da una parte il reportage di viaggio, dall’altra il reportage di matrimonio. 

Le foto di un matrimonio devono saper raccontare un evento senza intervenire:  la sposa, infatti, viene immortalata mentre si trucca, mentre beve il caffè, ma anche nelle cadute senza mai essere messa in posa. Sicuramente più impegnativo rispetto a un servizio fotografico classico, nel reportage il professionista deve saper prevedere cosa succede e deve saper cogliere la scena nel miglior modo possibile.  Questo nuovo modo di immortale non in posa arriva in Italia cinque anni fa da una scuola americana e unisce la passione per la fotografia, l’aspetto artistico e il reportage. Cristiano, talvolta insieme al collega Luca Fabbozzo,  si è recato poi in luoghi quali India, Giappone e Indonesia per i suoi reportage di viaggio che non raccontano grandi tragedie, o se lo fanno ridanno loro una certa nobiltà. La difficoltà di questi contesti sta nel saper catturare e isolare, tra la confusione e l’abbondanza di elementi, scene o espressioni di vita vissuta. Ma cos’hanno in comune questi due mondi apparentemente opposti? Sicuramente l’impossibilità di poter costruire la scena e la necessità di sfruttare al meglio luce e reazioni delle persone. Uno dei fraintendimenti più comuni infatti, spiega Cristiano, è che per avere dei buoni scatti ci sia bisogno di bei soggetti: nella realtà il fotografo deve saper dare particolarità all’immagine perché non sempre è possibile avere a disposizione dei bei soggetti. Oggi il pubblico cerca la sensazione velocemente e, se succede qualcosa, vuole vedere le foto che provino l’accaduto; non c’è più la voglia, e forse il tempo, di sfogliare una rivista e osservare, mesi dopo, ciò che accade. A volte il pubblico, contagiato da un voyeurismo allarmante, scade nel grottesco così “la foto di una bambina morta vale cinquemila euro, mentre la foto di una bambina che sorride non vale niente”. Nel contemporaneo contesto di aspiranti fotografi e professionisti affermati, il Bel Paese continua la sua inarrestabile corsa verso la non competenza: muovendosi tra i pochi spazi messi a disposizione per le mostre, il buon vecchio metodo della conoscenza sembra essere l’unico modo per avere visibilità. In Italia manca ancora la cultura della fotografia e solo pochi comprano scatti ad una mostra, mentre i più attendono che il web metta a disposizione le immagini. Aspettando l’inaugurazione della nuova mostra sul Bangladesh che avrà luogo l’11 Maggio al “Cortile 105” in Viale Lecco a Como, vi invitiamo a immergervi nel mondo indiano attraverso magnifici scatti, presenti alla “Open Mind Gallery”  in via Dante 12 a Milano fino al primo Aprile, che catturano sguardi, sorridente disperazione e celata solitudine della collezione “Mumbai’s slums”.
A.B.

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