lunedì 11 marzo 2013

FILA LA LANA, VIVI I TUOI GIORNI...

 


Tornate alla vita allergici al polline, l’invasione di mimose è ormai passata! Mettete pure il naso fuori casa e respirate la frescura di queste giornate primaverili;  allargate le narici e odorate bene, perché non è solo della primavera il profumo che sentite: è quello della libertà, emanato da tutte le donne che per più di cento anni hanno lottato per quei diritti che solo ora, in gran parte, sono riuscite a conquistare. Dal 1900, infatti, hanno urlato nelle piazze, scioperato nelle fabbriche, contrattato con i partiti per un’esistenza migliore, tanto da giungere persino alla morte. Eccole, dunque, le povere paladine, quelle 129 operaie inglesi, che l’8 Marzo 1907 furono lasciate morire tra le fiamme nella fabbrica incendiata in cui stavano scioperando. Non oro era quel che chiedevano ma semplicemente vita, che la triste condizione di lavoro a cui erano sottoposte non consentiva loro.


E avrebbero dovuto così impugnare le armi, agli inizi del ‘900, anche le operaie del comasco che, rinchiuse negli stabilimenti tessili, non potevano vedere nulla del mondo se non i telai su cui lavoravano. Le nubili e le giovanissime, più che le sposate o le madri, restavano piegate sulle macchine dalle 10 alle 12 ore d’inverno e fino alle 15 ore d’estate, con la possibilità di sgranchirsi la schiena solo per mezz’ora o un’ora al giorno. 50, 60 centesimi o 1,20 lire la paga per tutta questa sofferenza, in un ambiente poi, che non faceva che aggravarla. Troppo caldi d’estate e troppo freddi d’inverno, con una scarsa o nulla aereazione, gli stabilimenti erano luoghi insalubri e malsani e ciò non poteva che ripercuotersi sulle donne e sul loro fisico che si ingraciliva sempre più fino al deperimento. E così morivano, non gloriosamente, ma tristemente, vittime di un sistema che non intendeva cambiare perché considerato pubblicamente giusto, tacitamente ingiusto. L’omertà nelle classi dirigenti, l’indifferenza in quelle meno abbienti regnava su queste morti, che erano percepite, o meglio, volutamente sentite, come un sacrificio per “il bene delle famiglie contadine”, perché se il tempo è denaro, allora più lavoro avrebbe portato loro più soldi. Soltanto a volte lo stato sembrava uscire da questa cecità, per, però poi, macchiarsi di miopia, accennando a delle istanze che mai venivano promulgate. Fortunatamente le donne, stanche di questi trattamenti, gli procurarono degli occhiali su misura, così che potesse ben vedere lo scempio a cui erano sottoposte. A partire dal ‘900, perciò, anche il comasco si rivoluzionò, ed allora ci fu da rimboccarsi le maniche per restituire alle donne quella dignità che in tutti quegli anni era stata loro negata.
 

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