Fino à metà del ‘900 non solo negozi di artigiani rischiaravano le vie del centro, ma tra i borghi acciottolati anche l’erotismo aveva il suo posto, e non era per strada. Numerose, infatti, sorgevano le case chiuse, i bordelli, i postriboli, sin dai tempi più antichi luoghi di accoglienza di quelle donne che dalla vita non potevano niente se non vendere loro stesse.
Così, mentre correva l’anno 1465 e la notte il buio oscurava la città, una luce ancora scintillava. Rosso sangue o rosso passione, non solo il colore della lanterna che illuminava l’angolo di via Rodari, in prossimità del Duomo, ma anche la tinta dell’esercizio che qui vi si professava. Oltre una porta a grandi battenti, infatti donne discinte in abiti succinti attendevano vagabondi notturni in cerca di piacere. Solo un dollaro e per loro si sarebbero aperte non soltanto le porte di piccole stanza dai miseri letti ma anche quelle del paradiso. Uomini loschi, intanto, vegliavano che tutto filasse per il verso giusto: tempi, soldi, dispute. Il primo, questo, di una serie di postriboli che con il passare prima degli anni, poi dei secoli andarono ad illuminare Como: vicolo Duomo, via Boldoni, Porta Nuova, sono stati toccati dal fenomeno. Via Volpi, poi, addirittura calpestata vista la consunzione del gradino del “ Dollaro”, il più celebre postribolo del ‘500 frequentato dai passionali benestanti del tempo. Vi erano, però, non solo luoghi di perdizione ma anche di redenzione e soprattutto di reclusione. La chiesa di sant’ Eusebio, fra i primi, raccoglieva le povere che volevano condurre una vita normale, mentre fra i secondi il “Reclusorio del gambero”, in Via Natta, tratteneva le sifilitiche che avrebbero potuto appestare la città. Comparivano, poi, anche luoghi di professione all’aperto, come gli infidi canneti di piazza Gobetti, in cui le aratiche, le donne vendute, potevano imboscarsi con i più temerari degli acquirenti.
Ben presto, però, finì anche questa liberalità e dal rinascimento non l’ombra di una gonna si sarebbe vista per le strade, o meglio, i canneti. In parte per tutelare, in parte per nascondere ma meglio controllare, solamente le case sarebbero state adibite a questa indegna professione che non faceva che sfigurare il volto della città. Peccato che ora a molti anni di distanza il volto di Como sia ancora deturpato, o addirittura sfregiato, da questo fenomeno: non più una luce rossa accende di passione la città, ma solo le gialle dei lampioni, i seni delle donne a donarsi per le strade.
F.P.
eh, nonno Mario!!!!!
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