martedì 15 novembre 2011

La mafia a casa nostra

Recensione del libro "Mafia a Milano: sessant'anni di affari e delitti"

Ma poi cosa sarebbe questa mafia? Una marca di formaggio?” , disse una volta il vecchio boss Gerlando Alberti. Una frase divenuta simbolo del negazionismo del fenomeno mafioso. Ma finchè queste cose le dicono i mafiosi, passi.

Il problema è che certe “sottovalutazioni”, per usare un eufemismo, in questo Paese sono spesso state fatte da chi, istituzionalmente, dovrebbe avere fra i propri doveri proprio quello di combattere Cosa Nostra e affini.


Ben venga, allora, “Mafia a Milano: sessant'anni di affari e delitti”, un libro di Mario Portanova, Giampiero Rossi e Franco Stefanoni, edizioni Melampo; un'opera che contribuisce a fare chiarezza sull’argomento con una visione d’insieme finora forse unica.

Gli autori ripercorrono l’avventura di Cosa Nostra al Nord a partire dagli albori, cioè dagli anni ’50. I primi affari sono di piccolo cabotaggio, ma ben presto le bische e lo sfruttamento del lavoro nero non bastano più.

Irrompono i grandi business dei sequestri di persona e soprattutto del traffico di stupefacenti e del riciclaggio di denaro sporco.
E proprio del riciclaggio Milano diventa una delle capitali, se non la capitale. Perchè Milano è la città in cui sin dagli anni ’60 soggiornano mafiosi del calibro di Tommaso Buscetta, Luciano Liggio (che proprio qui sarà arrestato nel 1974) e molti altri. Ma è anche la città in cui si affermano personaggi del mondo della finanza fortemente legati a Cosa Nostra come Roberto Calvi, Michele Sindona e il direttore generale del Banco di Milano Ugo Di Luca, il cui numero di telefono riservato verrà ritrovato fra le carte sequestrate a Liggio. E proprio in quegli anni inizia l’epopea di un giovane costruttore di nome Silvio Berlusconi, che presto chiamerà a sè due siciliani che faranno molto parlare nei trent’anni successivi: l’ex compagno di Università Marcello Dell’Utri, e, tramite questo, il mafioso della famiglia di Porta Nuova Vittorio Mangano, ufficialmente assunto come stalliere della villa di Arcore ma, secondo il Tribunale di Palermo, che ha già condannato Dell’Utri in due gradi di giudizio, guardaspalle del Cavaliere, terrorizzato dai sequestri progettati contro la sua famiglia.

Ma mafia in Lombardia non significa solo Cosa Nostra: a partire dagli anni ’80 si afferma sempre di più la ‘ndrangheta, che crea “locali” in gran parte della regione. Oltre a Milano, soprattutto nel triangolo Como-Lecco-Varese. Proprio queste zone saranno oggetto di grandi inchieste negli anni ’90 (“Wall Street”, “Count Down”, “La notte dei fiori di S. Vito”, ecc...) che porteranno a centinaia di arresti e di condanne. Ma che non hanno certo debellato l’organizzazione. Tutt’altro. Come sta dimostrando l’inchiesta “Crimine Infinito”, partita nel luglio 2010 e coordinata dal PM Ilda Boccassini, che ha messo in luce una struttura ancora forte ed organizzata. Talmente forte da aver pensato ad un progetto “indipendentista” rispetto alla Calabria. Progetto che è stato pagato caro dall’allora capo della ‘ndrangheta in Lombardia, Carmelo Novella, “licenziato” il 14 luglio 2008 con un colpo di pistola alla nuca mentre si trovava in un bar di S.Vittore Olona, tra Milano e Varese.

Il libro termina con un’interessante dichiarazione del pm Mario Venditti: “Gli imprenditori del Nord devono stare attenti a non fare la fine della nobiltà terriera siciliana, che pensava di usare la mafia e invece ne è stata inghiottita”. 

Massimo Brugnoli 

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