lunedì 3 ottobre 2011

Curandovi con un film …

Oltre che illustrare i film presenti alla rassegna “i lunedì del cinema”, l’intervista con l'organizzatore Alberto Cano è un’occasione per raccontare la sua passione e per riflettere sulla settima arte: presente/ passato/ futuro. Una riflessione sulle potenzialità del mezzo; sui possibili cambiamenti causati dall’avvento delle nuove tecnologie. Notiamo il suo interesse per il contemporaneo cinema italiano: industria sfaccettata, tutt’altro che priva di contraddizioni. Giunge anche una freccia di nostalgia quando medita sull’importanza della sala cinematografica come luogo d’incontro e habitat naturale dei grandi film …





Iniziamo con una domanda personale, è da tanto che lavora in ambito cinematografico? Quali sono state per lei le esperienze fondamentali?

La prima e più importante che ho avuto è stata quella da spettatore. Il cinema, infatti, è stato una guida per me.
Mi potrei definire come un appartenente alla “Generazione dei figli del cinema” (Serge Daney). Negli anni 50 e 60, infatti, il cinema diventa una finestra privilegiata sulla realtà, soprattutto per i giovani. A Parigi la cineteca internazionale diventa un punto di riferimento fondamentale, superando anche le biblioteche.
Io ho sempre privilegiato il cinema rispetto alle altre arti, perché in esso convergono poesia, musica, pittura, teatro e molto altro ancora.
Nella mia vita ho intrapreso moltissime esperienze eclettiche e caotiche,mentre il cinema e la letteratura sono sempre stati dei punti fissi, seppur appartenenti a due mondi completamente diversi.
C’è un legame molto forte tra cinema e arti visive, io personalmente preferisco un cinema che racconta meno, ma fa vedere di più per mezzo di evocazioni e suggestioni, come ad esempio The tree of life.
Per tornare alle mie esperienze, ho poi alle spalle 20 anni di organizzazione di rassegne cinematografiche, anche collegate a musica, teatro e altre arti.

Da quanto tempo e per quale motivo è nato il lunedì del cinema, presso il teatro Gloria di Como?

Il lunedì del cinema è ormai alla quarantesima edizione (settembre – dicembre) e mi ha permesso di avere un occhio privilegiato, in particolare, sugli ultimi 10 anni di cinema. L’esperienza nasce in modo casuale: inizialmente si trattava di lunedì del cinema organizzati nel 1976 da Radio Ciao Como, la radio libera del nostro territorio. Radio Ciao Como era il collegamento di tante realtà, come l’organizzazione di concerti, eventi culturali e rassegne cinematografiche.
Successivamente, i “lunedì”, si trasferirono al Gloria o all’Embacy ed è stato portato avanti con una staffetta fino al 1992, quando si è legato all’associazione Kinoterapia, alla quale ho partecipato anch’io. Quest’ultima era un’iniziativa che utilizzava il cinema come terapia psicologica e sociale. A Como ha preso piede in un momento fortunato, perché negli anni ’90 è tornato il cinema d’autore con un rilancio dei grandi festival, per azione della globalizzazione post 1989.
Ricordo una forte internazionalizzazione, una grande diffusione di film iraniani, turchi, cinesi e danesi, che offrivano al pubblico sguardi su mondi diversi. All’inizio degli anni ’90 i festival del cinema erano pochi e dimenticati, frequentati da un pubblico di nicchia, ma europeo, che pian piano diventava sempre più internazionale. Mi riferisco a festival come quelli di Rotterdam, Locarno, Torino e Venezia.

Si spazia tra Malick, Panahi, Dardenne e molti altri, quali sono state le motivazioni che vi hanno spinto a scegliere questi film?

La linea che abbiamo seguito è un po’ quella delle selezioni dei festival, cercando di scegliere in quel guazzabuglio che è il cinema e che Muller definisce “schizofrenia governata, ma non controllata”.
Cerchiamo di spaziare tra varie nazionalità. Ad esempio il cinema iraniano è comparso a Locarno con Dov’è la casa del mio amico di Kiarostami nel ’91, seguito subito da Panahi e, da quel momento, abbiamo seguito quella scuola anche perché rappresenta un simbolo contro la limitazione delle libertà, condizione in cui si trovano molti registi.

Panahi con mezzi poverissimi trova sempre la forma giusta per realizzare i suoi film, ottenendo ottimi risultati.
Malick invece, pur lavorando all’interno dei meccanismi produttivi e con tantissimi mezzi, non scende a compromessi per esprimere la sua poetica.
Panahi e Malick appartengono due mondi completamente diversi, ma sono entrambi due autori veri.
Per organizzare la nostra rassegna, infatti, andiamo prima di tutto alla ricerca di singolarità.
I film dei Dardenne sono tra i più gettonati nei lunedì del cinema e hanno ispirato molti autori.
Alcuni film del Lunedì del cinema, anche se non sono propriamente documentari hanno carattere documentaristico: film cinesi o iraniani, ad esempio, permettono di cogliere l’essenza di un Paese e i registi riescono a calarci nella loro realtà, proprio come hanno fatto Visconti con La terra trema e De Sica in Ladri di biciclette
In ogni caso scegliamo i titoli dei nostri film tra quelli che escono in Italia attraverso le case di distribuzione. Oggi purtroppo siamo in una fase di passaggio in cui diminuiscono i film importati in Italia. Per questioni di costi molti film escono nel nostro Paese solo in dvd.

A cosa pensa che condurrà l’avvento del digitale?

Probabilmente in futuro scomparirà la pellicola per lasciar spazio al digitale, forse i film saranno quasi unicamente in rete e addirittura potranno esserci festival in rete, anche perché alcuni festival digitali esistono già.
Spero che in futuro la visione dei film non sia possibile solo sul monitor, ma che resistano i cinema come luogo d’incontro, perché solo così il cinema può veramente essere riflessione e meditazione, senza alcuna distrazione.
A mio avviso c’è il grande rischio di cadere nel cinema televisivo, passando al cinema seriale e sminuendo il regista, che non sarebbe più artigiano e artista.
Arriverà anche l’Andy Warhol del cinema, ma siccome esistono ancora pittori e gallerie d’arte, spero che resistano anche le sale cinematografiche.
Mi auspico che si continui con le opere di recupero di film e sale di proiezione, che Malick rimanga, così come è stato per Kubrick e che venga riproposto al cinema più volte. A proposito di Kubrick, ho visto 2001 Odissea nello Spazio molte volte e sempre al cinema e spero di poter vedere allo stesso modo molti altri film, anche più recenti. Tornando a The tree of life : va visto più volte, perché, come per i romanzi, la seconda volta si riescono a cogliere anche altri livelli, oltre quello immediato della trama.

Una domanda che concerne due scelte della vostra rassegna. Una che riguarda il passato e una il futuro imminente.
Cominciamo con il passato, perché riproporre un film come La strada di Fellini?

Il film è stato scelto per ricordare un tipo di cinema che va rivisto al cinema. Lo stesso discorso vale anche per molti altri film di Fellini, come 8 e ½. L’anno scorso abbiamo riproposto Roma, che oggi può essere visto in modo totalmente diverso da allora, perché lo si legge anche come un docu-fiction, che allora, come genere, non esisteva nemmeno.
La proiezione del film “La strada” nasce in collaborazione con il Teatro Sociale, che sta portando avanti un progetto su Nino Rota, di cui uscirà l’opera lirica Il cappello di paglia di Firenze. Anche al Cinema Teatro di Chiasso uscirà un film di Fellini con la colonna sonora scritta da Rota, sempre all’interno di questo progetto.
La Strada è una prima per me, infatti non ho mai avuto modo di portarla in una rassegna cinematografica prima d’ora.
La copia del film arriva direttamente dalla Cineteca Nazionale di Roma, che lavora per la salvaguardia dei film. Abbiamo ottenuto la copia a poco prezzo e abbiamo l’obbligo di lasciare l’ingresso libero.

Perché tra le novità della 68 Mostra del cinema di Venezia è stato scelto Dangerous method ?

Semplicemente perché sapevamo già la data di uscita nelle sale italiane.

Chi si nasconde dietro la gestione e l’organizzazione del lunedì del cinema?

L’associazione “Lunedì del cinema” è nata a Como da quando il cinema Gloria è passato all’Arci. Otteniamo diverse copie sottotitolate, probabilmente presenteremo Dangerous method in lingua originale, così come Carnage, che ci è stato richiesto dal pubblico.

Spesso i film in lingua originale però non sono molto apprezzati dal pubblico. Cosa ne pensa?

Penso che mantenere i film in lingua originale sia fondamentale. Forse è più interessante lasciare sottotitolati i film di alcune lingue: i film cinesi, piuttosto che quelli inglesi, hanno suono della lingua molto vicino ai tratti somatici e alla fisicità degli attori.

Lei gestisce altre iniziative in campo cinematografico a Como? Ci sono altri progetti di questo genere nella nostra provincia?

Oltre all’esperienza del Lunedì del Cinema, con la stessa associazione gestisco un cineforum per ragazzi presso la Biblioteca Comunale di Como, perché sostengo che anche i più giovani abbiano bisogno di un cinema di qualità.
A novembre comincerà un’iniziativa presso il teatro Carducci “I segmenti del cinema” , che mostra l’importanza di fotografia, scrittura, musica e molto altro ancora nel cinema. Probabilmente l’iniziativa si svolgerà in collaborazione con la scuola di cinema comasca “The dreamers”, che proporrà dei workshop.
Nelle biblioteche del territorio spesso si svolgono cineforum che seguono un filo tematico, si tratta sempre però di cinema di un certo spessore.

Il cinema italiano presenta un panorama artistico e industriale molto sfaccettato, lontano da una logica univoca e spesso contraddittorio. Le faccio un esempio, Bellocchio, maestro a livello mondiale fatica a trovare finanziamenti per il suo ultimo film, mentre è uscito da poco nelle sale l’ultimo “capolavoro” di Ezio Greggio, che non è nemmeno un regista. Cosa ne pensa?

La televisione è un contro allenamento alla visione, perché ci insegna una visione facile, breve, edulcorata e in totale rilassamento, mentre il cinema dovrebbe portare alla concentrazione.
I film italiani alla Mostra del cinema mi sono sembrati begli sceneggiati, ma brutti film, infatti sono prodotti dalla RAI o da Medusa, che in genere producono sceneggiati.
Un altro problema è che in Italia esistono pochissimi produttori indipendenti. Fandango, che distribuisce anche all’estero, produce poco. L’età berlusconiana pone un problema politico, ma di questo risente la qualità poetica dei film.
Spesso i registi italiani stupiscono agli esordi, ma poi calano progressivamente, come è stato per Crialese: Nonostante Terraferma sia un buon film, cade spesso in alcuni clichè, a differenza di Respiro ,suo secondo film,in cui è presente una certa complessità e originalità. Se già è difficile mantenere lo stesso livello creativo e produttivo, in Italia l’impero mediatico e televisivo ha tolto molto al cinema e di conseguenza è sempre più difficile trovare un pubblico di qualità.

A.C. & F.T.

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