martedì 25 ottobre 2011

A lezione di rivoluzione




Como, 15 ottobre. Treno delle 13.50 in partenza. Destinazione Milano. Nel penultimo vagone, due civette fremono di INDIGNAZIONE e non vedono l'ora di manifestarla ai piedi del Duomo. Facebook aveva parlato chiaro a tutti coloro che non avevano potuto spostarsi dalla provincia alla capitale: ci si sarebbe trovati in piazza alle 14.30 per unire le nostre voci alle proteste degli indignados di tutta Europa, determinati a combattere per il loro futuro, minacciato dalla crisi economica e dalle decisioni dei governanti.


Eppure, una volta giunte nel luogo dell'incontro, lo scenario non si presenta diverso da quello di un normale sabato pomeriggio milanese. Una folla non molto numerosa, ma variegata per età, si accalca nel centro della piazza confondendosi con i turisti, tanto che ad uno sguardo poco attento non se ne nota la differenza. E infatti inizialmente noi non l'abbiamo notata... Solo i piccoli cartelloni a mezz'aria ci indicano che ci troviamo già nel fulcro della manifestazione. I partecipanti, seppur motivati, sono pochi, mal organizzati e molto confusi. Gli unici mezzi a disposizione sono un misero megafono e idee tra loro contrastanti. Alcuni propongono un corteo, altri un presidio che duri fino al mattino dopo... Iniziative rumorose ma poco efficaci, senza un apporto numerico considerevole.

Vicino a noi, alcune signore scuotono la testa, apparentemente perplesse. Interessate al loro punto di vista, decidiamo di sentire cosa ne pensano. Vengono dall'esperienza dei centri sociali e ci spiegano che la divisione in piazza è normale e rivela la scarsa pianificazione alla base. La cosa più importante sarebbe invece incontrarsi e parlare, chiedersi perché stia succedendo tutto questo e ragionare sulle alternative. Solo così è possibile calibrare la rabbia e agire in modo costruttivo. Bisogna vivere la vita da rivoluzionari... ma con la testa! L'importante comunque è non demoralizzarsi. La presenza di giovani consapevoli, per esempio, è un fatto positivo, segno che forse finalmente qualcosa sta cambiando.

Nel frattempo alcune persone hanno deciso di staccarsi per dar vita ad un corteo; i rimanenti tanto perplessi quanto scoraggiati non riescono a dare un fine al loro operare. Scoppia un dibattito: “Sdraiamoci e occupiamo la piazza!”, “No, sediamoci e discutiamo!!”, “No, no, alziamoci e protestiamo!”, “Abbiamo una tenda! Organizziamoci e dormiamo qui!!”.
 
Proposta dopo proposta, tuttavia, si apre uno spiraglio di collaborazione, con una colletta che permette di procurarsi acqua ed un megafono funzionante. Forti dei nuovi mezzi, gli organizzatori ci informano della situazione nella capitale: là, i numerosi connazionali stanno bruciando e spaccando la città, e con essa anche la riuscita della loro forma di protesta. A Milano si prendono le distanze, non la violenza ma la voce delle nostre esperienze guiderà la manifestazione. Abbandonati i dubbi iniziali, ci si organizza in gruppi di discussione; si scambiano opinioni, racconti ed informazioni: “Siamo qui perché teniamo al nostro futuro. Siamo studenti e questa cosa ci tocca o ci toccherà”; “Sono contento di questo presidio, considerando che è stata una proposta spontanea”; “Ho 23 anni, ho lavorato in una multinazionale, e lì ho capito cosa vuol dire sprecare soldi”; “Sono necessarie formazione ed informazione per costruire nel corso del tempo un futuro migliore”; “Voglio un miglioramento ora, non fra vent'anni.”; “Il capitalismo è nato morto, perché si basa su una curva matematica che non esiste. É necessario farlo capire a tutti per creare un sistema nuovo”. Ormai non vi è più confusione, solo solidarietà e voglia di capirsi.


Nel frattempo torna il corteo e, finalmente uniti, ci si dispone in un solo grande cerchio per continuare a dibattere o creare nuovi cartelloni e striscioni. Qualcuno addirittura ci regala dei sacchi a pelo per la notte e questo non fa che sollevare l'umore. All'alba delle 19 il megafono passa di mano in mano senza più interruzioni per esprimere critiche e proposte costruttive su come affrontare la crisi economica. La coesione è tale che si propone una cena comunitaria nonostante la folla inizi a scemare.

A giornata conclusa, le sensazioni sono contrastanti, molto contrastanti. Da una parte, infatti, si ha la consapevolezza di aver fallito ancora una volta nel tentativo di incidere sull'andamento del sistema, dall'altra, però, si torna a casa con la certezza di non essere soli e di aver costruito un gradino in più verso l'unità che è alla base del cambiamento. 

 F.P. & S.R.

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