sabato 15 ottobre 2011

This must be the place. Ecco cosa ne pensiamo.

Tra tutti i film di Sorrentino, This must be the place è sicuramente il più limpido, il più lineare. Abbandonato il cielo cupo di una Napoli di ghiaccio e le tenebre delle case del potere a Roma, il regista napoletano realizza un road-movie con tonalità chiare e vivaci. Primissimi piani alternano campi lunghi o lunghissimi. Giallo, verde, rosso: queste sono le sensazioni che lascia un film che medita sul tempo, rappresentato come  un puzzle di affetti perduti, di decisioni mancate e di vuoti emotivi.

L'adolescente in pensione Cheyenne è l'ultimo, nella filmografia di Sorrentino, di una galleria di personaggi statici, spinti dall'imprevedibilità della vita verso un non voluto cambiamento. Maschere tragiche e bizzarre che nascondono un mondo emotivo complesso, intrecciato di sogni e delusioni, segnato da drammi familiari… in questi  personaggi spesso il cambiamento è sinonimo di tragedia. Questa volta invece il percorso intrapreso dal protagonista, dopo la morte del padre, non potrà che farlo maturare, obbligandolo ad affrontare i fantasmi del suo passato.

Meno contrasto e meno ambiguità, rispetto ai precedenti lavori del regista, fanno di questo caldo road-movie un'opera più definita, ma non per questo più semplice o meno ricca di spunti. Nonostante le sue affinità verso una struttura narrativa tradizionale, da romanzo di formazione, quest'opera non manca mai di originalità visiva e psicologica. Lo sguardo profondo e tagliente di Sorrentino si posa con lentezza su ambienti e personaggi. Attraversa stati d'animo, ironia e Rock 'n' Roll senza mai sostare troppo a lungo.
Un film dolce, visivamente complesso e suggestivo che lascia dei sapori  intensi nella mente dello spettatore. Lo dedichiamo a tutti coloro che, al cinema, hanno ancora voglia di seguire chi sa fare il Cinema. E il regista italiano Sorrentino, in questo, rimane uno dei migliori.


A.C.

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